Ogni giorno nei campi italiani tonnellate di frutta e verdura vengono lasciate nei campi a marcire, scartate o finiscono nell’industria di trasformazione - non perché non siano buone o sane, ma perché non sono abbastanza belle: troppo piccole, un po' storte, con una buccia imperfetta o un colore fuori standard.
A causa dei criteri estetici imposti dai regolamenti e dalle catene della grande distribuzione organizzata (GDO), i supermercati in cui facciamo la spesa, di solito solo prodotti perfetti e uniformi - di categoria extra o prima categoria - arrivano sugli scaffali. Eppure, quelli di seconda categoria sono altrettanto buoni, nutrienti e saporiti.
Con l’aumento degli eventi climatici estremi – come grandinate, siccità, ondate di calore, gelate, piogge irregolari – sarà sempre più difficile per i produttori agricoli garantire raccolti perfetti dal punto di vista estetico. Le mele con piccole imperfezioni sulla buccia, i kiwi con forme irregolari, i pomodori difettati o le arance un po’ più piccole del previsto non sono affatto meno nutrienti o gustose. Eppure, a causa degli standard estetici dominanti, finiscono spesso per non essere raccolti o per essere scartati dalla Gdo.
Vogliamo che i supermercati italiani facciano la loro parte: chiediamo che riservino maggiore spazio alla frutta e verdura di seconda categoria, rendendola visibile, accessibile e valorizzata, a un prezzo giusto sia per i produttori che per i consumatori.
Firmare questa petizione significa dire basta allo spreco alimentare invisibile, ovvero quello che comincia prima ancora che il cibo arrivi a noi. Significa chiedere una filiera alimentare più giusta, più sostenibile, più vera.
FIRMA, CONDIVIDI, VAI OLTRE LA BUCCIA.
Continuare a pretendere frutta e verdura senza imperfezioni (magari importata da migliaia di chilometri di distanza) suona come un atto di negazionismo climatico oltre che rappresentare un aggravio di perdite e spreco alimentare.
Se vogliamo davvero costruire un sistema agroalimentare più resiliente, equo e sostenibile, dobbiamo cominciare ad accettare e valorizzare l’intera varietà del raccolto, anche quello che la natura modella in modo un po’ diverso. Ogni frutto salvato dallo spreco è un passo avanti per l’ambiente, per l’agricoltura e per la giustizia alimentare.