Pubblicato da Maria Panariello
il 14/10/2025
Ci avevano detto che il caporalato in Lombardia non esiste. Anzi, che il caporalato a Mantova non esiste.
Ci avevano accusato di “falsità” e pressappocaggine, dopo che avevamo ricostruito il meccanismo delle cooperative senza terra nel mantovano che lavorano nella filiera dei meloni, delle insalate in busta e dei macelli, nel report “Cibo e sfruttamento. Made in Lombardia”, nel 2023. In quel report raccontavamo anche il sistema illecito gestito da imprenditori moldavi, che reclutavano lavoratori stranieri portandoli in Italia con passaporto rumeno tra Mantova, Sermide e Poggio Rusco.
Insieme all'associazione Lule, nel nostro report abbiamo raccolto la storia di Artiom e Amelia, la coppia che ha attraversato le regioni balcaniche, giunta in Italia con un passaporto rumeno.
Questa stessa storia oggi viene citata su tutti i giornali mantovani.
All’alba di oggi infatti, nella provincia di Mantova è scattata una vasta operazione delle forze dell’ordine. Sono state eseguite due ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di due imprenditori di origine moldava per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Sarebbero coinvolti anche due imprenditori italiani, responsabili di reato di sfruttamento del lavoro per aver “utilizzato” la manodopera procurata dai due cittadini moldavi.
L’indagine è iniziata nel luglio 2024, un anno dopo l’uscita del nostro report. I carabinieri hanno appurato che le due persone arrestate, dopo aver organizzato l’ingresso in Italia dei lavoratori, avevano il totale controllo sulla loro vita, dagli spostamenti al domicilio, visto che dimoravano, a pagamento, negli alloggi dei due cittadini moldavi.
A servirsene, sarebbero state due grosse aziende agricole della provincia di Mantova, che tenevano i lavoratori in condizioni “vessatorie”: in condizioni di sfruttamento attraverso il ricorso ad appalti fittizi, violando le norme igieniche sul luogo di lavoro, le norme contrattuali e le regole in materia di orario e sorveglianza. Le indagini hanno permesso di capire che ad ogni minima infrazione delle norme vessatorie imposte, scattava il licenziamento.
Una notizia atroce, che non avremmo voluto mai raccontare, che però rafforza l’indagine e la denuncia che da anni portiamo avanti, nonostante i dinieghi e le accuse di falsità che abbiamo ricevuto. Nonostante le troppe frasi come "Qui non siamo a Rosarno" che abbiamo raccolto durante la nostra inchiesta.
Non possiamo tollerare che i lavoratori agricoli vivano in queste condizioni. Non possiamo tollerare che l’agricoltura italiana soffra di sfruttamento e illeciti. Il contrasto al caporalato deve essere un’urgenza per la politica, tutta, di questo paese, specie se si vuole difendere a tutti i costi il "made in Italy" nel mondo.
Scopri di più il nostro lavoro su filiere e sfruttamento