Una nuova normalità a cui non vogliamo arrenderci

Pubblicato da Redazione

il 18/05/2023

Faenza

“Una nottata che non dimenticheremo mai più” è la frase più ripetuta da sindaci e cittadini dei Comuni romagnoli colpiti da un nubifragio che sembra non avere fine. Proprio in questi giorni, senza tregua, la pioggia continua ad abbattersi su gran parte dell’Emilia-Romagna, provocando esondazioni e lasciando una disastrosa scia di morti, sfollati e perdite economiche.

I meteorologi descrivono una situazione spaventosa attraverso i dati: è una catastrofe senza precedenti, dovuta al maggio più piovoso di sempre. Nel prossimo fine settimana sono previste ulteriori precipitazioni portate da un ciclone che ha sempre di più le sembianze di un uragano. Insomma è il ritratto di una catastrofe che causerà danni incalcolabili tra le persone, sull’ambiente e sul lavoro.

Ma se, da un lato, l’emergenza di questi giorni va gestita come tale – attraverso la solidarietà senza se e senza ma, portando in salvo le persone, aiutando chi in queste ore sta perdendo tutto – dall’altro non possiamo ignorare i segnali chiari che il clima ci manda con questi fenomeni estremi. Sempre più numerosi e sempre più potenti, infatti, nubifragi, siccità e ondate di caldo stanno diventando la nuova normalità.

Nel dibattito politico del nostro Paese però, sembra non esserci spazio per questa ennesima e violenta manifestazione della crisi climatica, acuita da anni di immobilismo che non hanno fatto che amplificare la portata dei danni.

Come sempre, il governo continua a guardare solo alla fase emergenziale, senza mettere in campo politiche di adattamento, senza contrastare i fenomeni alla base di questa e delle prossime tragedie. Senza comprendere che gli strumenti dell’emergenza non sono più sufficienti.

Rimanendo su ciò che sta accadendo in queste ore, non possiamo che lanciare l’allarme sull’impatto che nubifragi e allagamenti avranno sul sistema produttivo locale e, in previsione, sul cibo che mangeremo. L’Emilia-Romagna è infatti una regione a forte vocazione agricola, uno dei territori in cui si produce più frutta, vino e frumento e eventi climatici di questa portata avranno gravi conseguenze sulla produzione e sul lavoro di migliaia di persone.

Abbiamo raccolto la testimonianza di Nicola Servadei, attivista e agricoltore di Faenza, ci invia foto e video che ci lasciano senza parole. Queste foto ci rendono consapevoli di danni ancora difficilmente calcolabili. Il rischio è di una perdita totale della produzione di frutta nella provincia di Ravenna. Danni che non saranno limitati alla prossima stagione di raccolta ma che con ogni probabilità avranno pesanti ricadute sulle prossime annate. Danni che si sommano alle gelate, le grandinate e la siccità che ogni anno, ogni mese, colpiscono l’agricoltura del nostro Paese.

Nicola, come molti altri agricoltori, potrebbe vedersi costretto ad abbattere i suoi alberi, con perdita di denaro, di lavoro. In un territorio come l’Emilia-Romagna, vuol dire che migliaia di persone potrebbero perdere la propria fonte di reddito a causa della crisi climatica. Quella di Servadei è una storia come tante, purtroppo. Se pensiamo alla siccità anomala che ha colpito il nostro paese e l’Europa durante il 2022, è facile immaginare quanti produttori si trovino oggi in una situazione simile.

Ma cosa è stato fatto dalla scorsa estate?
Pretendiamo delle risposte perché, a quanto sembra, a cavallo dei due eventi, la nostra vita, anzi la vita delle istituzioni, dei partiti, del mercato, quella dei sistemi produttivi, è andata avanti come se non fosse successo nulla, come se l’alluvione di questi giorni non li riguardasse, non ci riguardasse. Come se non avessero a che fare con il collasso climatico. Crediamo che invece sia proprio l’inazione politica una delle cause che hanno moltiplicato la portata dei danni.
E se davvero si vuole agire subito, secondo noi di Terra! le priorità sono chiare:

A sanare questo disastro non basteranno i fondamentali risarcimenti economici, che dovranno essere immediati. Ora è necessario ripensare il nostro modello di sviluppo, comprendere fino in fondo che questi fenomeni sono sempre più frequenti e rappresentano la sfida giornaliera per un numero sempre più alto di persone.

Ma se questa dev’essere la nuova normalità in un Paese che non vuole agire, noi non vogliamo arrenderci.


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