Pubblicato da Redazione
il 06/10/2025
Di ritorno da una lunga giornata di lavoro nei campi, quattro lavoratori agricoli indiani sono rimasti uccisi in un incidente sulla Statale 598 all’altezza di Scanzano Jonico, in provincia di Matera, in Basilicata. A viaggiare erano in dieci su un'auto Renault Scenic da sette posti, gli altri sei sono stati estratti miracolosamente dal mezzo e sono vivi. Avevano appena superato una galleria, quando sono stati travolti da un camion di cui l’autista ha perso il controllo per cause ancora da accertare. La loro giornata di lavoro in Val d’Agri, un territorio noto per la forte mobilità extra territoriale dei lavoratori, si è chiusa nel modo più tragico possibile.
A rendere difficile il riconoscimento delle vittime, la mancanza dei documenti. Ma alcune ore dopo l’incidente mortale, la vicesindaca di Scanzano Jonico ha confermato che i dieci uomini erano lavoratori pendolari, giovani e tutti di origine indiana. Sono ancora molti gli elementi da accertare, a cominciare dall’azienda in cui gli uomini lavoravano e dai motivi dello scontro.
Non si tratta solo di una tragica fatalità, perché questa notizia è tristemente simile a tante altre che abbiamo dovuto leggere in passato, in altri luoghi del Sud remoti, lontani dai centri abitati, che ci hanno portato a scendere in strada e a manifestare negli anni scorsi.
Il 6 agosto del 2018 dodici persone, tutti lavoratori agricoli migranti, morivano in un incidente stradale sulla statale 16, nel Foggiano. Di ritorno dalle campagne, dove lavoravano alla raccolta di pomodori: erano in quattordici e viaggiavano in piedi al termine di una giornata di fatica in direzione casa, o meglio, ghetto, il ghetto di Rignano Garganico, oggi sgomberato. Una tragedia che seguì quella di appena due giorni prima, quando sempre nel foggiano, quattro lavoratori migranti persero la vita in un incidente tra un furgone e un autotreno che trasportava pomodori. In sole 48 ore, 16 lavoratori agricoli migranti venivano uccisi dalla vergogna del lavoro agricolo sfruttato.
Le condizioni di trasporto precarie sono infatti tra i fattori che concorrono alla intermediazione illecita di manodopera. Lo sono sempre state. Ecco perché nella legge anti caporalato del 2016, oltre ai contratti di lavoro e all’alloggio, i trasporti sono stati inseriti nella lista dei fattori che concorrono allo sfruttamento. Le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità sono strumenti previsti dalla Legge 199/2016 per promuovere a livello locale iniziative in materia di politiche attive del lavoro, contrasto al lavoro sommerso, gestione dei flussi di manodopera stagionale, ma anche di casa e di trasporti dei lavoratori agricoli.
Non è possibile morire in queste condizioni, lontani dai riflettori della politica, dall'attenzione delle istituzioni. A migliaia di chilometri di distanza da casa, quella casa che si è deciso di abbandonare per cercare "fortuna".
Se vogliamo davvero contrastare lo sfruttamento in agricoltura, bisogna iniziare ad andare alla radice del sistema, e eliminare gli elementi che contribuiscono a perpetuarlo, perfino a rafforzarlo. Assicurare ai lavoratori trasporti sicuri vuol dire contribuire a costruire una filiera finalmente pulita, dai campi e da ciò che si coltiva fino a chi li lavora.
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