Il paradosso dei fuori calibro: la campagna "Oltre la buccia". Firma la petizione

Pubblicato da Federica Ferrario

il 28/05/2025

Campagna oltre la buccia

Ogni anno in Italia tonnellate di frutta e verdura perfettamente commestibili vengono buttate o lasciate marcire nei campi. Perché? Perché non rispettano i canoni estetici imposti dalla grande distribuzione, i supermercati in cui facciamo la spesa: troppo piccole, storte, con una buccia imperfetta o un colore fuori standard.

Dopo averne parlato nel report "Siamo alla frutta. Perchè un cibo bello non è sempre buono per l'ambiente e l'agricoltura", oggi Terra! lancia una campagna di mobilitazione nazionale e una petizione per dire stop alla tendenza "estetizzante" del mercato per frutta e verdura.

Firma la petizione

Solo i prodotti ortofrutticoli “perfetti” arrivano sugli scaffali dei supermercati: quelli di categoria Extra o Prima Categoria. Gli altri – i cosiddetti prodotti di seconda categoria – vengono perlopiù esclusi, anche se sono buoni, sani e nutrienti e anche se la normativa attualmente in vigore ne prevede la commercializzazione.

Il rispetto dello standard genera perdite e spreco alimentare

In Europa, a stabilire che la frutta e la verdura debbano rispettare rigidi canoni estetici, è un corposo sistema normativo, tra cui il recente Regolamento Delegato (UE) 2023/2429 della Commissione Europea, in vigore da gennaio 2025. Il regolamento definisce dimensioni, colore e aspetto di una serie di prodotti ortofrutticoli: ogni arancia, mela o pera deve rispondere a uno standard minimo di calibro, ovvero dimensione, peso o diametro. Per esempio, il diametro minimo per un’arancia è 53 mm, per una mela 60 mm.

Tutto quello che resta fuori dal mercato– frutta più piccola o con qualche traccia di vita reale ai tempi del cambiamento climatico, ad esempio la siccità - viene in gran parte venduto all’industria di trasformazione per succhi o marmellate, spesso a prezzi non remunerativi per i produttori. In molti casi, non viene nemmeno raccolto, perché i costi supererebbero i ricavi. Così, il rispetto di uno standard pensato per garantire qualità si trasforma in perdita e spreco alimentare (e ambientale) oltre che in una perdita economica per gli agricoltori.

Il nuovo regolamento introduce alcuni correttivi in un’ottica di contenimento degli sprechi alimentari che si ispira alla strategia “Dal Produttore al Consumatore” (Farm to fork):  i prodotti di II categoria sono vendibili, se sono venduti dal produttore direttamente al consumatore nella propria azienda, con consegna diretta o in mercati riservati soltanto ai produttori (nel precedente regolamento questa previsione era presente solo come scelta opzionale dei singoli Stati Membri). Ma si tratta ancora di misure limitate e insufficienti, che non incidono sulla struttura del mercato dominata dalla GDO. Quest’ultima infatti continua a preferire prodotti perfetti, penalizzando i frutti più piccoli o imperfetti – anche se del tutto commestibili.

L'impatto dei cambiamenti climatici

La realtà quotidiana però, ci ricorda sempre più a gran voce che con i cambiamenti climatici in atto, questo approccio diventa sempre più insostenibile. Eventi estremi, dalla grandine alle gelate tardive, fino alla siccità prolungata, compromettono e comprometteranno sempre più spesso l’abbondanza e l’estetica dei raccolti. La riduzione progressiva delle superfici in produzione negli ultimi cinque anni è rappresentativa: -23% pere, -11% pesche, -8% nettarine -7% albicocche, -6% kiwi e susine.

Continuare a escludere i prodotti “fuori calibro” e limitare l’accessibilità di prodotti di Categolia II, significa aumentare le perdite e gli scarti, mettere in crisi intere filiere locali e spingere verso modelli agricoli sempre più intensivi e ad alto impatto ambientale.

Il problema del calibro si intreccia anche con dinamiche globali di potere economico, pressione sui produttori, inflazione, oltre che con il cambiamenti climatici. È emblematico il caso delle arance siciliane, spesso vendute sottocosto all’industria o lasciate sugli alberi.

Affrontare il calibro significa ripensare il modello di produzione del cibo

Affrontare il tema del calibro significa ripensare l’intero modello: servono regole più flessibili, mercati più inclusivi, e una “cultura del consumo” che valorizzi la qualità e la sostenibilità, non solo l’estetica. Ogni frutto fuori misura, se commestibile, può nutrire qualcuno e dare reddito al produttore. A patto di non scartarlo solo perché non è esteticamente perfetto. Insomma, serve andare oltre la buccia e guardare la sostanza

Per questo con una petizione vogliamo che anche i supermercati facciano la loro parte: chiediamo che riservino maggiore spazio a frutta e verdura di seconda categoria, rendendola visibile, accessibile e valorizzata, a un prezzo giusto sia per i produttori che per i consumatori. Una petizione con la quale dire basta allo spreco alimentare “invisibile”, quello che comincia prima ancora che il cibo arrivi a noi, nei campi coltivati.


NEWS


? Preferenze Cookies