Pubblicato da Federica Ferrario
il 02/07/2025
Quando, nel 2019, l’Unione Europea ha lanciato il Green Deal, molti di noi hanno visto una svolta epocale finalmente a portata di mano: un’agricoltura più equa, sostenibile, rispettosa della terra, del clima e della biodiversità. Un cambio di rotta urgente e necessario. Oggi però, con preoccupazione, dobbiamo dirlo chiaramente: quella transizione è stata tradita.
Nel nostro nuovo report, “La transizione tradita – Come l’agroindustria ha fermato il Green Deal in agricoltura”, raccontiamo ciò che è successo davvero. Sotto la pressione di lobby agroindustriali, crisi internazionali e proteste strumentalizzate, l’Europa – e l’Italia con essa – ha cominciato a smantellare proprio quelle misure che avrebbero potuto rendere l’agricoltura più resiliente. Il tutto, nel nome di una presunta emergenza alimentare che, numeri alla mano, non è mai esistita.
Abbiamo seguito le rotte del grano bloccato in Ucraina: cereali che, una volta sbloccati, non sono finiti dove si temeva la carestia, ma principalmente nei Paesi più ricchi, spesso per sostenere la zootecnia intensiva. È chiaro, quindi, che il problema non era sfamare le persone, ma difendere un modello produttivo vecchio, insostenibile e dannoso.
Nel frattempo, sono stati indeboliti o rinviati alcuni degli impegni ambientali più importanti: riduzione dei pesticidi, tutela della biodiversità, rotazione delle colture, obbligo di lasciare una parte dei terreni a riposo, riduzione delle emissioni degli allevamenti di bovini più grandi e intensivi. Tutte misure che avevano un impatto positivo concreto, e che invece sono state sacrificate in nome – come ci è stato detto - dell’efficienza produttiva o della competitività.
Ma tutto questo – ed è il punto centrale del nostro report – non ha davvero aiutato gli agricoltori. Non ha portato maggiore stabilità, non ha fatto impennare la produzione di cibo, né migliorato le condizioni di chi lavora la terra. Anzi, ha acuito le fragilità strutturali del settore proprio nel momento in cui il cambiamento climatico si fa più aggressivo, tra siccità, fenomeni meteorologici estremi, erosione, perdita di fertilità e biodiversità.
La questione di fondo è che lo scontro tra ambiente e agricoltura non esiste: è stato costruito ad arte per rallentare il cambiamento. Ed è proprio questo il momento in cui dobbiamo stringerci attorno a un’idea diversa di futuro: un cibo e un’agricoltura che sia alleata della natura, e non sua nemica, perché senza un Pianeta sano, semplicemente non ci può essere agricoltura.
Dobbiamo correre, ma siamo ancora in tempo per cambiare rotta. Per farlo serve una nuova alleanza: concreta, forte e consapevole. Noi continueremo a fare la nostra parte, con dati, con analisi, con proposte. E sappiamo che anche voi ci sarete.
La transizione non è morta, è stata solo interrotta. Riprendiamocela insieme!
Federica Ferrario, Resp. Campagne