Mercati in declino e boom dei minimarket:
due facce di un commercio in crisi

Pubblicato da Redazione

il 26/04/2018

Il declino dei mercati

Il mondo del commercio agroalimentare è cambiato radicalmente negli ultimi vent’anni, adattandosi alle nuove abitudini di consumo e contemporaneamente contribuendo a plasmarle. Al travolgente avanzare della Grande distribuzione organizzata ha corrisposto il ritrarsi dei mercati rionali, con il conseguente indebolimento di un canale di distribuzione naturale per l’agricoltura di piccola scala che caratterizza il nostro paese.

È da questa consapevolezza che siamo partiti quando abbiamo deciso di avviare un’indagine sulla condizione dei mercati a Roma. Volevamo scoprire perché il comune agricolo più grande d’Italia avesse perso progressivamente gli storici legami tra il nucleo urbano e le sue terre coltivabili.


Nelle nostre precedenti indagini sulla GDO, abbiamo descritto il controllo dei supermercati sulla distribuzione alimentare e il peso che fenomeni come il sottocosto e le aste al ribasso hanno sul resto della filiera e sull’agricoltura. ConMagna Roma abbiamo voluto spostare lo sguardo sulle altre forme di commercio agroalimentare, per capire come avessero reagito ai profondi cambiamenti socioeconomici degli ultimi vent’anni.


Dopo una prima analisi centrata sui mercati rionali, è emerso che il settore si trova schiacciato non soltanto dalla Grande distribuzione, ma patisce la concorrenza di una pletora di negozi di vicinato, i cosiddetti “minimarket”, aperti fino a tarda ora e gestiti da bengalesi ed egiziani, due tra le principali minoranze etniche presenti nella capitale. Per conoscere le ragioni della loro crescita e le loro condizioni di vita, abbiamo deciso di inserire un approfondimento all’interno del rapporto “Magna Roma. La nuova indagine, intitolata “Il (povero) diavolo nascosto nel dettaglio”, è curata da Maurizio Franco e Maria Panariello e analizza le ragioni profonde dietro al boom dei negozi di vicinato gestiti dalla comunità bengalese ed egiziana. Un lavoro che ci ha permesso di osservare da vicino le trasformazioni del commercio al dettaglio che, complice la crisi economica, ha visto ridursi i margini di guadagno di molti esercizi gestiti da commercianti italiani. A questo si è aggiunta la politica, con le liberalizzazioni del settore, che da un lato hanno favorito l’ingresso di persone altrimenti escluse, dall’altro hanno dilatato la giornata lavorativa.

Di fronte alle nuove esigenze di una clientela mediamente più precaria, il cui tempo libero è compresso soprattutto al termine della giornata lavorativa, il settore dell’ortofrutta si è aperto a rivenditori immigrati, più propensi ad affrontare turni di lavoro lunghi e ad accettare margini di guadagno risicati.

Sia egiziani che bengalesi si autoimpongono orari e a condizioni di lavoro molto dure, per ricavare il necessario con cui vivere in Italia e inviare quel che avanza nei Paesi di origine. In entrambi casi, siamo di fronte a un fenomeno di segregazione occupazionale, dal momento che entrambe le comunità sembrano non avere altre opzioni lavorative.

Da un lato dunque la Grande distribuzione organizzata, che determina il prezzo dei prodotti, dall’altro i negozi di vicinato, che tentano di tenere il passo in una competizione selvaggia. Nel mezzo i mercati, che non riescono a rinnovarsi e perdono clienti, pur essendo il punto di arrivo del maggior numero di prodotti freschi e locali. In questo quadro a tinte fosche, manca a Roma una strategia alimentare che metta al centro la sostenibilità e la qualità, favorendo lo sviluppo dell’agricoltura territoriale e creando connessioni più forti con i consumatori della città. Con questo obiettivo ambizioso, “Magna Roma” punta ad offrire un contributo ai decisori politici e una visione d’insieme a cittadini e consumatori, spesso sviati da informazioni incomplete che non tengono conto del contesto sociale ed economico che determina i cambiamenti del nostro modo di mangiare.






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