Il report "La transizione tradita - Come l'agroindustria ha fermato il Green Deal in agricoltura" racconta a cosa sono servite le deroghe ambientali introdotte proprio dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.
La risposta all’allarme carestia agitato all'inizio della guerra in Ucraina arriva in fretta. Il Copa – Cogeca, la più importante organizzazione agricola europea, che rappresenta perlopiù l’agroindustria, propone di “dare la possibilità agli agricoltori di coltivare tutte le terre disponibili in Europa”.
E così già a fine marzo 2022, la Commissione europea approva una serie di interventi che permetteranno di coltivare i terreni che di solito vengono lasciati a riposo. Interventi “eccezionali e temporanei”, così almeno vengono definiti all’inizio. Eppure dopo la loro approvazione, queste misure verranno prorogate.
Passa così il Regolamento di esecuzione Ue 2022/1317, che introduce deroghe specifiche agli impegni ambientali della PAC 2023-2027. Nello specifico, si va in deroga alle norme relative alle buone Condizioni Agronomiche e Ambientali dei terreni (BCAA) 7 e 8 per l’anno 2023, rispettivamente la rotazione delle colture con cui si migliora la fertilità del suolo e si riduce l’uso dei pesticidi e la prassi a lasciare a riposo una parte della superficie agricola, almeno il 4%, per favorire la biodiversità e la protezione degli habitat naturali.
L’Unione Europea, sostenuta dalle lobby agroindustriali, dice cioè agli agricoltori che continueranno a ricevere comunque i finanziamenti PAC anche se non rispetteranno questi standard ambientali minimi.
Elaborando alcuni dati inviati nel 2024 agli uffici europei, Terra! ha scoperto che in Italia solo 895.000 ettari complessivi sono stati interessati dalle deroghe (820 mila ettari per la rotazione delle colture, 75 mila ettari per i terreni a riposo) approvate in quei giorni. Rapportati alla superficie agricola utilizzata (SAU) nazionale (12,5 milioni di ettari), parliamo solo del 7,14% del totale.
Una battaglia tutta politica, per una manciata di ettari. Una battaglia però funzionale a fare a pezzi il Green Deal, nei fatti e nella cultura politica. Da questo momento in poi, saranno molti a pensare che le condizionalità ambientali siano inutili orpelli.
Per spiegare il vero impatto delle deroghe, Terra! ha ipotizzato che tutto il grano prodotto con le deroghe - 203.643,30 tonnellate – sia stato trasformato in pasta, ipotizzando in astratto che tutto il grano fosse duro e non tenero, cioè il grano usato per la pasta di semola.
In Italia si producono 3.9 milioni di tonnellate di pasta, il 56% fatto con grano italiano. La quota coltivata in più grazie alla deroga sulle aree a riposo corrisponde a poco più di 200 mila tonnellate. Se questa produzione venisse trasferita all’industria di trasformazione e fosse trasformata in pasta, avremmo una produzione aggiuntiva di 141mila tonnellate: una cifra che rappresenta solo il 3.6% della produzione totale di pasta.
Una percentuale irrisoria, specie se confrontata all’impatto delle deroghe che sono state approvate: perdita di biodiversità, erosione dei suoli, impatto sulle risorse idriche e riduzione della resilienza agricola.
Una strategia creata a tavolino per affossare i pochi e deboli passi in avanti per un'agricoltura resiliente e sostenibile.
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