La crisi delle arance

Arance svendute

Anche le arance risentono della generale crisi che investe il settore, per quel che concerne il calo degli ettari e della produzione. Si è passati dai 107.000 ettari del 2000 agli 82.000 del 2019. Nel ventennio, la produzione agrumicola è scesa da 3 milioni a 2,6 milioni di tonnellate. Una riduzione preoccupante, esacerbata dal virus della tristeza, particolarmente violento nelle province di Siracusa e Catania.

I fattori ambientali hanno un peso innegabile, ma sono le pratiche di acquisto della GDO ad aver innescato la crisi cronica di questa filiera, esacerbata nel 2020-21.

Durante questa annata, la produzione è stata abbondante, ma la siccità che ha colpito le regioni del Sud ha portato allo sviluppo di prodotti più piccoli del solito, poco apprezzati dai distributori.

La crisi del settore alberghiero e della ristorazione e la chiusura delle mense scolastiche -entrambi attribuibili alla pandemia- hanno reso difficile assorbire questi frutti più piccoli. Gran parte di essi è stata quindi destinata all’industria di trasformazione, per questo i redditi degli agricoltori sono calati. E nei supermercati quali arance sono state vendute? Quelle provenienti dal mercato estero, soprattutto spagnolo. Secondo ISMEA, le importazioni sono cresciute a un ritmo medio annuo doppio rispetto a quello delle esportazioni, rispettivamente 5 per cento e 2,7 per cento– e ciò ha determinato un saldo negativo della bilancia commerciale.

A peggiorare la situazione, una filiera frammentata e litigiosa, nonostante l’esistenza di un distretto produttivo agrumi siciliano. Una criticità che ha un forte impatto nel rapporto con gli industriali, con cui non esiste nessun accordo quadro che valorizzi l’arancia danneggiata o di piccolo calibro, che non trova mercato come prodotto fresco.

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