Pubblicato da Redazione
il 22/08/2023
Il governo Meloni si accorge che la Social Card non basta ad arginare la povertà dilagante nel paese. E allora mette in atto un nuovo piano contro l'inflazione e i rincari dei prodotti di largo consumo. Un piano che conferisce pieni poteri ai colossi distributivi, che in Italia commercializzano il 75% dei prodotti agroalimentari, mettendo in campo pratiche sleali nei confronti dei fornitori, che abbiamo portato alla luce in tutti questi anni. Sono proprio le catene distributive a produrre le principali disfunzioni lungo la filiera agroalimentare, disfunzioni che sono alla base di fenomeni come il caporalato, che abbiamo denunciato con inchieste, report e campagne di advocacy.
Dal 1° ottobre al 31 dicembre, il governo farà partire il trimestre anti- inflazione. Verrà proposto cioè un paniere di beni a prezzi calmierati, un paniere di prodotti "liberamente scelti dalla grande distribuzione in cui rientrano beni alimentari e prodotti per l’infanzia". Su questi, entro il prossimo 10 settembre, si decideranno le azioni da intraprendere: dall'applicazione di prezzi fissi alle attività promozionali o iniziative sui prodotti a marchio del distributore, i cosiddetti "private label".
Già a fine luglio, mentre veniva cancellato con un colpo di spugna il reddito di cittadinanza, il ministro per le imprese e per il Made in Italy, Adolfo Urso, annunciava l'inizio di un confronto che avrebbe portato ad un accordo con le insegne della Grande Distribuzione Organizzata e del piccolo dettaglio. E in effetti, l'intesa con i distributori c'è stata. Ma a questa, non è seguita invece quella con la parte industriale. Né Centromarca né Unionfood né Ibc, a cui fanno capo centinaia di industrie operanti nel settore del largo consumo, anche agroalimentari, hanno infatti aderito al trimestre anti-inflazione.
Francesco Mutti, presidente di Centromarca, ha spiegato in una intervista il perché. Secondo Mutti, la decisione del governo non va nella direzione giusta, perché aumenta solo il potere di vita e di morte, già fortissimo, che la Gdo ha nei confronti dei propri fornitori. Mutti, dal suo osservatorio, difende la libertà e le ragioni delle imprese, che lamentano gravi perdite di fatturato per la forte inflazione. Ma è vero che un'azione come quella che chiede il governo, senza mettere in campo politiche di filiera che tutelino tutti gli operatori, come impone la L. 199 e come noi chiediamo da tempo, rischia di andare a vantaggio solo del mondo della distribuzione.
Ancora una volta il governo prova a mettere in campo azioni improvvisate, che non risolvono il problema alla radice. Al fatto che in questo paese ci siano fasce povere crescenti, che hanno bisogno di un sussidio, il governo avrebbe potuto pensare un po' prima di ingaggiare ad esempio una battaglia contro il reddito di cittadinanza. Come abbiamo ribadito con la campagna Ci vuole un reddito, il reddito andava rafforzato anche per questo. Al netto di un rallentamento complessivo dell'inflazione, i dati Istat sui consumi di giugno e luglio registrano un aumento annuale dei prezzi del 6% circa rispetto al luglio 2022. Una situazione che sta colpendo tantissime famiglie, sempre più costrette a ricorrere al discount.
Anche per questo, con Ci vuole un reddito, ci troveremo in un'assemblea nazionale il prossimo 23 settembre.
Il governo inoltre potrebbe aprirsi al dibattito sulla proposta di salario minimo che arriva dalle opposizioni. Una proposta diretta ad arginare il lavoro povero, visto che l'Italia è l'unico paese in cui i salari sono fermi al palo dagli anni '90.
Da agosto sulla proposta di salario minimo che tutti i partiti di opposizione- eccetto Italia Viva- hanno fatto (9 euro lordi l'ora) e hanno presentato alla Camera è stata aperta una petizione. Ma questo governo sembra più interessato a fare interventi spot. Ma oggi è tempo di dire basta e di costruire un'opposizione vera, di piazza, che metta in campo proposte concrete!